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Gli articoli di legge

Art

Art. 269 Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità

La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo. La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui ce fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre. La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.

Art. 270 Legittimazione attiva e termine

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio. Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali (258) riconosciuti, entro due anni dalla morte. L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

Art. 271-272 (abrogati)

Art. 273 Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'art. 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale. Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni. Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.

Art. 274 Ammissibilità dell'azione

L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata. Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso (Cod. Proc. Civ. 125, 737) di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio. L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine dell'inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative. Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.

Art. 275 (abrogato)

Art. 276 Legittimazione passiva

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi (Cod. Proc. Civ. 102). Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.

Art. 277 Effetti della sentenza

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento (258 e seguenti). Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.

Art. 278 Indagini sulla paternità o maternità

Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'art. 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato. Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento (Cod. Pen. 519, 523 e seguenti).

Art. 279 Responsabilità per il mantenimento e l'educazione

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, I'istruzione e l'educazione (580, 594). Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti. L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'art. 274. L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.

Sentenza della Corte di Cassazione

sul ricorso proposto da:
___ WALTER, elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE DEI MELLINI 10, presso L'AVV. MARCO ANGELETTI, rappresentato e difeso dall'avvocato ATZENI ATTILIO, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
___ MARTA, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore Jessica, elettivamente domiciliata in ROMA CICONVALLAZIONE CLAUDIA 88, presso L'AVV. GIUSEPPE RAPANÀ, rappresentata e difesa dagli avvocati RENZELLA ROBERTO e FERRARI LUCA giusta mandato a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto della Corte d'Appello di ___, sezione per i minorenni, depositato il 13/10/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 6/06/2005 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;
udito per la controricorrente l'Avvocato Barbara PICCINI (per delega) che ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o, in subordine, rigettato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRAZZINI Orazio che ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale per i Minorenni di ___, con provvedimento in data 8 aprile - 7 maggio 2002, accoglieva l'istanza di Marta ___ intesa a conseguire l'ammissibilità dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità che la medesima intendeva promuovere nei confronti di Walter ___, in nome e per conto della di lei figlia minore Jessica, nata a ___ l'11.03.2001.
I giudici reputavano sussistente il necessario fumus boni iuris dell'azione di cui all'art. 269 cod. civ. (avendo accertato che tra le parti vi erano stati in epoca prossima al concepimento rapporti intimi e ripetuti contatti sia durante la gravidanza sia dopo la nascita della bambina. Pur nel consistente contrasto delle parti in ordine alla natura, alla continuità e alle modalità stesse della loro relazione intima, il Tribunale aveva ritenuto che la prospettazione della madre non fosse palesemente inverosimile, specie in presenza di ulteriori elementi indiziari scaturenti dallo stesso comportamento serbato dal ___ prima e dopo la nascita della minore. I primi giudici avevano altresì sottolineato che non sussistevano elementi per escludere a priori il presumibile interesse della minore all'accertamento del suo rapporto di filiazione, con l'attribuzione dei conseguenti oneri in capo al riconosciuto padre naturale. Il ___ proponeva reclamo contro la decisione del Tribunale sotto il profilo del difetto di motivazione in ordine al "positivo" interesse della minore all'accertamento della paternità naturale, non reputando al riguardo sufficiente quanto riferito in merito alla non evidente sussistenza di una sorta di interesse contrario. La Corte d'appello di ___ - Sezione per i minorenni con decreto del 9-13 ottobre 2003 respingeva il reclamo, osservando:
a) che l'interesse della minore era l'unico punto controverso dedotto nei motivi di impugnazione;
b) che la contrarietà all'interesse del minore può sussistere solo in caso di concreto accertamento di una condotta del preteso padre tale da giustificare una dichiarazione di decadenza dalla potestà genitoriale, ovvero di prova dell'esistenza di gravi rischi per l'equilibrio affettivo e psicologico del minore e la sua collocazione sociale;
c) che dagli atti emergeva che fino ad allora la vita del ___ si era svolta su parametri di assoluta normalità;
d) che una paternità non voluta, o persino inconsapevole, non può di per integrare motivo ostativo al riconoscimento di un preciso interesse del minore;
e) che nella specie sussisteva l'interesse della minore all'accertamento delle proprie origini biologiche, anche per i molteplici obblighi giuridici che sorgerebbero a suo favore nell'ipotesi di accoglimento della domanda, a cui conseguirebbe pure il vantaggio dell'acquisizione della cittadinanza italiana. Avverso il decreto della Corte d'appello Walter ___ ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi.
Marta ___, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore Jessica, ha resistito con controricorso, depositando una memoria illustrativa.
Il difensore del ricorrente, avv. Attilio Atzeni, ha chiesto per fax il giorno dell'udienza (6 giugno 2005) il rinvio della discussione perché impossibilitato a comparire per malattia, ma la richiesta non è stata accolta dal Collegio in mancanza di certificazione medica. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo mezzo d'impugnazione il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 274 c.c..
Si sostiene che la Corte d'appello aveva ritenuto sussistere l'interesse del minore al riconoscimento senza procedere ad alcuna istruttoria, che avrebbe invece dimostrato che tale interesse non sussisteva, considerato che il ___: a) aveva avuto con la madre della minore un rapporto esclusivamente di meretricio; b) mai aveva prestato consenso alla procreazione, se del caso frutto di una sorta di inganno nei suoi confronti; c) non avrebbe potuto mai provare alcun sentimento nei confronti della figlia naturale ne' accedere volontariamente all'adempimento di alcun obbligo nei suoi confronti;
d) non poteva assicurarle alcun beneficio economico, essendo nullatenente, dopo che le sue attività imprenditoriali erano naufragate in diversi fallimenti.
2. Il motivo non è ammissibile.
Con riferimento alla valutazione dell'interesse del minore infrasedicenne - resa necessaria dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 274, primo comma, c.c. (Corte Cost. n. 341 del 1990) - va osservato che, come già ritenuto da questa Corte, la contrarietà all'interesse del minore può sussistere solo in caso di concreto accertamento di una condotta del preteso padre tale da giustificare una dichiarazione di decadenza dalla potestà genitoriale, ovvero di prova dell'esistenza di gravi rischi per l'equilibrio affettivo e psicologico del minore e per la sua collocazione sociale. Tali rischi devono risultare da fatti obbiettivi, emergenti dalla pregressa condotta di vita del preteso padre, ed in mancanza di essi l'interesse del minore va ritenuto di regola sussistente, a prescindere dai rapporti di affetto che possano in concreto instaurarsi con il presunto genitore e dalla disponibilità di questo ad instaurarli, avendo riguardo al miglioramento obiettivo della sua situazione in relazione agli obblighi giuridici che ne derivano per il preteso padre; ne' l'interesse del minore può, di regola, essere escluso dalle normali difficoltà di adattamento psicologico al nuovo status, essendo queste normalmente connesse al riconoscimento da parte del genitore naturale, ovvero alla dichiarazione di paternità naturale, quando intervengano a distanza di tempo dalla nascita del minore (Cass. 11 marzo 2003 n. 3548; nello stesso senso, Cass. 26 luglio 2002 n. 11041). Inoltre, l'interesse del figlio nato fuori del matrimonio all'accertamento della paternità naturale non è escluso dall'assenza di "affectio" da parte del presunto padre ne' dalla dichiarazione di costui, convenuto con l'azione di dichiarazione giudiziale "ex" art. 269 cod. civ., di non voler adempiere in ogni caso ai doveri morali inerenti alla potestà di genitore (Cass. 15 marzo 2002 n. 3793).
Va anche sottolineato che il ricorso per cassazione avverso il decreto camerale reso dalla corte di appello in tema di ammissibilità dell'azione per la dichiarazione di paternità naturale, in quanto proponibile per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 Cost., può investire la motivazione del provvedimento solo per denunciarne la radicale carenza, la mera apparenza o la perplessità e l'obiettiva incomprensibilità ovvero il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, ma non anche per censurare meri difetti di motivazione in relazione alla valutazione ed alla coerenza degli elementi esaminati dal giudice di merito con riguardo alla sussistenza delle specifiche circostanze giustificative dell'azione, ne' per proporre un diverso apprezzamento di detti elementi (Cass. 30 maggio 2001 n. 7342; Cass. 26 novembre 2002 n. 16659, Cass. 28 novembre 2003 n. 18198; vedi anche Cass. 17 settembre 2003 n. 13657).
Nella specie, l'impugnato decreto contiene una compiuta motivazione sul punto dell'interesse del minore, ritenuto sussistente dal giudice di merito sulla base di una serie di elementi non sindacabili in questa sede (basati sull'esame della pregressa condotta del preteso padre e dei presumibili vantaggi derivanti al minore dall'accertamento della paternità), sicché deve escludersi che ricorra una delle ipotesi di motivazione (mancante, apparente, ecc.) sopra richiamate e, di conseguenza, la sussistenza di un vizio di violazione di legge che renda ammissibile il ricorso ex art. 111 Cost..
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.
Assume il ___ che la Corte d'appello ha ritenuto apoditticamente sussistente il fumus boni iuris, senza valutare ed accertare le circostanze da lui riferite, le quali escludevano la paternità di Jessica (l'ultimo incontro con la ___ era avvenuto a fine maggio 2000 e non vi erano stati veri e propri rapporti, ma solo tre incontri nel corso dei quali era stato fatto uso di profilattici). Inoltre, il giudice di merito non aveva nemmeno considerato che non corrispondeva all'interesse del minore che la paternità fosse attribuita al ricorrente, in quanto egli avrebbe rifiutato categoricamente la figlia, con la quale non sarebbe stato capace di stabilire una valida relazione affettiva; ed anzi ne avrebbe minacciato il regolare sviluppo psicofisico.
4. Anche questo motivo è inammissibile.
Il punto dell'interesse del minore ha formato oggetto di esame a proposito del motivo precedente.
Quanto alla sussistenza del "fumus boni iuris", va rilevato che, la Corte d'appello (pag. 2 del decreto impugnato), dopo aver premesso che il reclamante aveva inteso censurare il decreto del Tribunale per i minorenni sotto l'essenziale profilo del difetto di motivazione in ordine all'interesse della minore all'accertamento della paternità, ha testualmente affermato che: "l'univoca indicazione e specificazione dei motivi di doglianza delimita il riesame che questa Corte è qui chiamata ad effettuare, di guisa che non possono essere nuovamente posti in discussione gli ulteriori elementi di fatto in base ai quali il Tribunale ha formato il proprio convincimento e relativamente ai quali ha offerto riscontro in corso di motivazione". Ora, tale affermazione non ha formato oggetto di specifica impugnazione da parte del ricorrente in Cassazione che, per poterla superare, avrebbe dovuto contestarla specificamente, sostenendo che con il reclamo aveva inteso impugnare la pronuncia di primo grado anche con riferimento alla sussistenza del "fumus boni iuris" ed indicando dove e come nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado erano state espresse le censure sul punto.
In tale situazione, è definitivamente precluso l'esame di ogni questione relativa all'esistenza di specifiche circostanze che facciano apparire giustificata l'azione per la dichiarazione di paternità naturale (art. 274, primo comma, c.c.).
5. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di Cassazione, liquidate come nel dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente, in ragione della soccombenza. P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in euro 3.000 per onorari ed euro 100 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2005.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2005

 

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